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lunghezza percorso: 133 km
Da Roma prendiamo l’autostrada A1 direzione Firenze e percorriamola sino ad uscire al casello Ponzano Soratte, e proseguiamo seguendo le indicazioni fino a Stimigliano, il primo paese che conosceremo in questo nuovo itinerario.
Con molta probabilità, il primo insediamento di Stimigliano corrisponde al luogo dove fu rinvenuta una grande villa rustica appartenuta alla Gens Septimia, datata intorno al I-II sec. Nel periodo delle invasioni barbariche subì, come quasi tutti i paesi della Sabina, il fenomeno dell’incastellamento, pertanto fu edificato un borgo fortificato dove si ritirarono tutti gli abitanti. La sua posizione strategica ha fatto sì che nei secoli fosse luogo assai ambìto dalla Santa Sede e dai signorotti locali. Gli Orsini furono quelli che maggiormente detennero il potere a Stimigliano, per investitura della Santa Sede, e a loro si debbono i lavori d’ampliamento che, nel XVI sec, interessarono il grande palazzo che porta il loro nome. All’imponente costruzione si accede da un portale bugnato di splendida fattura; nel cortile delle armi si può visitare la bella cappella gentilizia, intitolata a San Giuseppe, voluta da Enrico Orsini; ampiamente decorata con stucchi e fregi tipici dell’arte manieristica del tardo Cinquecento, conserva le spoglie del suo committente. All’interno del palazzo si possono ammirare sale finemente decorate, con affreschi attribuiti allo Zuccari o a suoi allievi. Fuori del borgo antico si trova la chiesa dedicata ai Santi Cosma e Damiano. La chiesa, a tre navate, fu edificata XVII sec. e conserva pregevoli tele della scuola caravaggesca ed un’interessante tempera su tavola, del XV sec., attribuita ad un seguace di Antoniazzo Romano.
Proseguiamo il nostro percorso dirigendoci a Forano; torniamo indietro sulla SP51c e prendiamo la SP51d: appena 3km e siamo nel paese. Il primo castello di Forano fu edificato intorno al X sec., ma il territorio era già ampiamente abitato in epoca pre-romana e romana, come testimoniano i diversi resti di villae rusticae presenti nel suo territorio. Da quando la Santa Sede incominciò direttamente ad amministrarne il territorio, nel XIII sec., la sua storia è caratterizzata dall’alternarsi al potere delle più grandi famiglie gentilizie legate ai diversi pontefici. Sebbene i Savelli e gli Orsini si avvicendarono ciclicamente alla direzione di Forano, è ad una famiglia gentilizia fiorentina, gli Strozzi, che si deve il grande processo d’ampliamento e miglioria che investì il paese nel XVII sec. L’attuale assetto urbanistico è frutto di un severo regolamento edilizio, che la famiglia fiorentina impose durante il suo dominio. La chiesa parrocchiale della SS. Trinità fu eretta da Luigi Strozzi alla fine del XVII sec., al posto della vecchia chiesa di S. Maria che fu trasformata nella cappella privata dei signori fiorentini. La chiesa parrocchiale conserva interessanti opere d’arte, tra le quali primeggia un dipinto a tempera su tavola del XV sec., raffigurante la Madonna con Bambino e due angeli su fondo oro. Vale la pena di visitare la frazione di Gavignano, il cui castello fu eretto intorno al X-XI sec.; secondo alcuni studiosi, sul luogo dove sorgeva la villa del console Gabiniano; secondo altri, sulle rovine dell’antica città fondata da Aulo Gabinio.
Lasciamo Forano e proseguiamo sulla SP52, che ci conduce a Selci Sabino. Il paese deve il suo nome, secondo numerose fonti, alla presenza nei suoi pressi di una strada romana di selce, di cui ritroviamo alcuni basoli nel centro storico, usati nelle murature. Questo luogo vanta un’antichissima storia, che ha le sue origini nella fondazione del Castrum romano di Campolungo, sulla Salaria, collegato al Foro Novum, centro economico-politico molto importante dell’Impero. La nascita del paese nel luogo dove oggi lo vediamo è avvenuta nel X-XI sec. quando, in seguito alle razzie barbariche, gli abitanti furono costretti a realizzare un luogo fortificato posto su un’altura. L’Abbazia di Farfa amministrò il territorio di Selci sino a quando passò direttamente nelle mani della Santa Sede, e divenne uno dei Castra Specialia che, per la loro importanza strategica, erano direttamente amministrati da persone scelte dal Pontefice. Il paese provò a ribellarsi al dominio del papato, ma venne definitivamente sottoposto al potere di Roma e, successivamente, a quello delle signorie degli Orsini, dei Cesi e dei Vaini. Si entra nel paese attraverso la porta Castrum Silice, facente parte dell’antica cinta muraria, sulla quale oggi si aprono le finestre delle abitazioni che nei secoli vi si sono addossate. Dell’originario impianto urbano del borgo medievale si può visitare il maestoso Torrione, a pianta quadrata, la Rocca Castri e la Platea Palatii Communis. Nella chiesa principale, intitolata al SS. Salvatore, sono conservate alcune pale d’altare seicentesche, con le effigi dei Santi protettori del paese. Selci, nonostante abbia subito negli ultimi 40 anni una grande emigrazione di abitanti partiti alla volta delle grandi città, alla ricerca di lavoro, ha mantenuto vive le antiche tradizioni rurali: ne sono testimonianza le grandi distese d’uliveti e vigneti che circondano il paese e le feste tradizionali che ogni anno animano il borgo, feste in cui scopriamo gli antichi sapori del pane tirato a mano (Mostra del pane e dei dolci - Giugno) e della pregiata porchetta cotta pazientemente a legna (Sagra della porchetta - Agosto).
Proseguiamo l’itinerario e raggiungiamo, percorrendo la SP52, Torri in Sabina. Prima di arrivare al paese vale la pena visitare la frazione di Vescovio, che raggiungiamo sulla destra seguendo la SP52c. Proprio in località Vescovio, vi è l’area archeologica di un insediamento romano del II sec. a.C.: Forum Novum; elevato al rango municipale in periodo augusteo, era un centro fiorentissimo, collegato sia alla Salaria che alla Flaminia. Gli scavi archeologici ne hanno riportato alla luce: l’anfiteatro, di circa duemila metri quadrati, un tratto d’acquedotto, il foro, un tempio, la basilica, alcuni edifici e monumenti funerari. I reperti, rinvenuti durante le campagne di scavo (1965 -1975) sono conservati nel Museo Territoriale dell'Agro Foronovano a Vescovio (ex Casa Cantoniera - Tel. 0765 608197). Sui resti e con i resti dell’antica città romana nacque, intorno al X sec., la Chiesa di Santa Maria, che costituì la Cattedrale di Sabina fino alla fine del XV sec. Mirabile esempio d’architettura romanica, la chiesa, a navata unica, è ornata da cicli d’affreschi che ritraggono scene del Nuovo e Vecchio Testamento ed uno straordinario Giudizio Universale (XIII-XIV sec.). Dalla zona del presbiterio si accede alla cripta, che rileva la presenza della chiesa di prima fondazione (VIII sec.), di cui permangono tratti d’affreschi. Bellissimo il campanile a cinque ordini d’arcate, costruito nel XII sec. con materiale di spoglio del nucleo romano. Riprendiamo la SP52 ed arriviamo a Torri. La fondazione del Castello di Torri risale alla seconda metà del ‘200; nel XIV sec. era citata tra i possedimenti della Santa Sede, e nel 1368 fu papa Urbano V a donarlo a Cuccio e Francesco Orsini. Gli Orsini diedero inizio alla costruzione della rocca, e rimasero signori del feudo sino al 1728, anno in cui il paese tornò ad essere amministrato dalla Camera Apostolica. Nel 1817 Torri, con i suoi 952 abitanti e con gli annessi centri di Montasola, Rocchette, Rocchettine e Vacone, fu dichiarato comune autonomo e inserito nel governatorato di Calvi. Oltre al borgo antico, con le sue poderose torri a difesa della cinta muraria, vanno visitate: la Collegiata di San Giovanni Battista, con un fonte battesimale del VII sec., e la chiesa di San Nicola di Bari, che conserva un affresco della Madonna del Gonfalone, del XV sec., ed una tavola coeva di scuola umbra. Non si conosce Torri se non si assaggia il suo piatto tipico: il Fallone, una gustosa focaccia cotta al forno ripiena di verdura ripassata in padella con aglio e olio extravergine; se poi si visita il paese in Luglio si ha l’opportunità di celebrare, in una grande sagra, il tipico prosciutto, noto per il suo ottimo gusto, risultato di un allevamento ed una stagionatura in un luogo ancora parzialmente incontaminato. Riprendendo la SP52, dopo circa 1,5 Km, sulla sinistra si apre il bivio per la frazione di Rocchette. Lo spettacolo che si presenta agli occhi è molto suggestivo e certo non avrebbe lasciato indifferenti i pittori romantici dell’800: due rocche gemelle, Rocchette e Rocchettine (disabitata), si stagliano nel verde intenso dei lecci, separate da una profonda gola, scavata nella roccia calcarea dal corso del Laia. Torniamo indietro e prendiamo la SS313, che ci conduce a Cantalupo. La storia del Castrum Cantalupi ha inizio nel X sec., quando gli abitanti dei due centri di Pagi e Vinci, sorti sui territori delle grandi villae rusticae romane, si ritirarono nell’area più alta della zona per difendersi dalle invasioni barbariche. Furono i Conti di Cuneo a dare inizio alla costruzione della prima Rocca, che, dopo essere stata annessa alle proprietà della Santa Sede, fu ceduta, nel XIII sec., ai Conti di S. Eustachio, che continuarono l’opera di edificazione. Divenuta proprietà dei Savelli, dopo diverse vicissitudini, divienne proprietà dei conti Cesi d’Acquasparta, che trasformarono la rocca in un palazzo residenziale, tra il XVI e il XVII sec. Oggi il Palazzo porta il nome di Camuccini, dal nome del suo ultimo proprietario, il figlio del pittore neoclassico Vincenzo Camuccini, che lo acquistò nel 1862 per trasformarlo in museo; egli volle qui ospitare non soltanto le opere paterne, ma anche una grande collezione d’armi, armature, statue e monili. Il museo dopo la grande guerra non fu più aperto, perché le collezioni andarono disperse. Il palazzo ha una bellissima facciata, dalle pulite linee vignolesche, costituito da un porticato e da un sovrapposto loggiato, scanditi da archi a tutto sesto incorniciati da lesene d’ordine dorico e ionico. Al suo interno conserva preziose sale dipinte con affreschi, che sono attribuiti da alcuni alla scuola degli Zuccari e da altri ad una bottega d’arte che fu attiva nel palazzo Farnese a Caprarola. Gli interni sono inoltre arricchiti dalle opere del Camuccini, da armi, armature e da preziosi mobili del XVI e XVII sec. Sulla Piazza, nella quale si apre il prospetto anteriore del palazzo, campeggia al centro una fontana, mentre sul lato sinistro si erge la chiesa parrocchiale intitolata a S. Biagio, dalla facciata settecentesca. Il cambio delle stagioni in questo paese è celebrato da una tradizionale mostra: "Mostra Mercato delle Stagioni", che si svolge ogni seconda domenica nei mesi di Marzo, Giugno, Settembre e Dicembre. Le vie del centro storico si animano dalle prime luci del mattino fino a sera di bancarelle, in cui si possono acquistare oggetti d’antiquariato, prodotti d’artigianato in oro, vimini e legno d’olivo. I buongustai potranno degustare ed acquistare olio, miele e formaggio, tutti rigorosamente eseguiti secondo la tradizione antica della Sabina; se si vuole approfittare per conoscere la cucina tradizionale, in queste giornate i ristoranti del paese effettuano speciali proposte (per maggiori informazioni e prenotazioni rivolgersi al numero telefonico: 0765 514031).
Da Cantalupo prendiamo la SP49, che ci conduce a Casperia. Questo piccolo centro, a 400 m sopra il livello del mare, ha mutato in tempi recenti il suo nome da Aspra a Casperia, in onore dell’antico centro sabino-romano che qui sorgeva. Fondata intorno al X sec., la medievale Aspra fece parte dei domini di Farfa ed in seguito fu concessa ai Savelli e agli Orsini per poi tornare alla Santa Sede. Al centro storico, circondato da mura, si accede esclusivamente a piedi da due porte. Le case a torre e le tortuose cordonate selciate che si avvolgono intorno al colle, unite ad un prezioso silenzio, contribuiscono ad infondere nel visitatore la sensazione che qui il tempo si sia fermato ad un’epoca antica di duelli ed armature. Arrampicandosi sino alla sommità del collina si raggiunge la chiesa di San Giovanni Battista, la cui torre campanaria ha preservato quasi intatta nei secoli la sua immagine romanica con due ordini di doppie bifore. All’interno è conservata una pregevole statua lignea (XVI sec.) di S. Sebastiano, di scuola abruzzese, e nell’abside una tavola autografa di Giacomo Siciliano (XVI sec.) raffigurante il Battesimo di Gesù. Usciamo dal paese e proseguiamo in direzione Roccantica, sulla SP49; dopo circa 1,5 Km, seguendo le indicazioni, si arriva alla Chiesa di S. Maria in Legarano. Il Paesaggio che si gode dal piazzale di questa chiesa è toccante: si apre di fronte ai nostri occhi tutta la valle del Tevere. La chiesa, a croce latina e navata unica, conserva preziosi affreschi del Torresani e statue lignee policrome del quattrocento. I resti di pavimentazione musive e parti di alcune statue, visibili in prossimità della chiesa, palesano l’esistenza in questo luogo di un’antica villa romana.
Proseguiamo sulla SP48; dopo 2 Km, sulla sinistra, ci immettiamo sulla SP48d, che ci porta a Roccantica. Come suggerisce il suo nome, questo paese ha una storia molto remota, di cui prime notizie si hanno nel 792, quando è donata all’Abbazia di Farfa la chiesa di San Valentino, situata nel Fundus Antiquum; nel X sec. la popolazione del Fundus si ritira sulle pendici del Monte Pizzuto, viene realizzata la prima cinta muraria ed il borgo assume il nome di Roccha de Antiquo. Nel corso dei secoli, alla prima cinta muraria se ne aggiungeranno altre due, per far fronte all’ampliamento urbanistico della città; dopo varie vicissitudini il borgo è ceduto, nel 1415, agli Orsini, che ne resteranno i signori fino al 1698, quando tornerà, per mancanza d’eredi, alla Camera Apostolica. L’abitato, dominato dalla grande torre quadrata della prima Rocca, si arrampica su uno sperone calcareo circondato dalle distese d’uliveti e macchia mediterranea. Camminando tra le strade tortuose si possono visitare la chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta in Cielo (XVIII sec.), ricostruita su una precedente chiesa trecentesca, e la chiesa di Santa Caterina d’Alessandria, in cui sono conservati affreschi del XV sec.; da non perdere la piccola chiesa di San Valentino, trasformata in monumento ai caduti nei restauri del 1932, menzionata nel Regesto Farfense già nell’VIII sec. Come detto, Rocccantica sorge alle pendici del Monte Pizzuto, la cima più alta di tutta la Sabina (1288 m); con un pò di coraggio gli amanti della montagna possono intraprendere una bellissima passeggiata fino alla sommità, approfittandone per vedere, circondati dalla boscaglia di lecci, corbezzoli e roverelle, parti di un antico mulino ad acqua e, più in alto, i resti dell’Eremo benedettino di San Leonardo, risalente al VII-IX sec., con affreschi di Jacopo da Roccantica ed un piccolo pozzo di acque perenni ritenute miracolose. La passeggiata non è completa se non si visita la dolina carsica detta Revotamo (250m di diametro) che una leggenda dice essere il luogo dove sorgeva in origine l’abitato poi sprofondato per un terremoto; e naturalmente ci si deve abbeverare alle freschissime acque sorgive di Fonte Regina, a 880 m. d’altitudine. Per tornare indietro nel tempo bisogna visitare il paese in agosto, durante la manifestazione Medioevo in Festa, quando lo spirito medievale del paese rivive in una grande celebrazione: sbandieratori, balli in costume e sfilate animano il piccolo centro che apre agli avventori le taverne medievali o li invita ad assistere alla grande maestrìa degli artigiani della scuola del vetro.
Lasciamo Roccantica e ritorniamo indietro sulla SP48c; proseguiamo in direzione San Luigi, percorrendo prima un tratto della SS313, poi la SP48a e di lì ci immettiamo sulla SP48, che ci conduce a Catino. Continuando sulla SP47 si arriva all’ultima tappa del percorso: Poggio Catino. La Storia di questo comune comincia dalla sua frazione Catino, poiché proprio a Catino fu fondato il primo insediamento, ad opera dei longobardi del Ducato di Spoleto, alla fine del VII sec. Per l’impossibilità di ampliare il tessuto urbano di Catino, nel XI sec., fu costruita, sul vicino colle Moricone, una Rocca cinta da mura bastionate, all’interno della quale si trovavano alcune case e la chiesa. Nella prima metà del XII Sec. il Castello di Catino e il suo Poggio si costituirono in un libero comune, che però fu sempre soggetto al dominio di una famiglia baronale del luogo. Si alternano al possesso del feudo: i Conti S. Eustachio, gli Orsini, i Savelli e gli Olgiati. Da visitare la Chiesa di Santa Maria dei Nobili che, sorta sui resti di una villa romana intorno al X sec. e completamente ricostruita nel XVIII sec, conserva un affresco del XI sec. raffigurante l'icona di Santa Maria dei Nobili. Meritano menzione: la chiesa di Sant’Agostino, del X sec., con cicli d’affreschi originari conservatisi nonostante i numerosi cambiamenti stilistici cui fù sottoposta nei secoli la prima fabbrica; ed infine la chiesa di San Nicola di Bari, restaurata completamente nel 1621 dal Marchese Settimio Oliati, che conserva una pregevole tela del XVI sec. |
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