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lunghezza percorso: 96 km
Proseguiamo il nostro viaggio nella Sabina con il quinto itinerario, che ha quale prima meta il paese di Montopoli. Raggiungiamo la cittadina da Roma percorrendo la A1 direzione Firenze, per uscire poi al casello Fiano Romano ed imboccare la Via Salaria SS4, che percorriamo per circa 3 km sino ad immetterci sulla ss313; dopo circa 14 km, svoltiamo sulla destra in direzione Granari e percorrendo la sp42d arriviamo al paese.
Montopoli deve il suo nome a Mons Pollionis, forse in relazione al fatto che nel suo territorio fu costruita una grande villa rustica appartenuta ad un nobile romano: Caio Asinio Pollione. Il territorio di Montopoli è ricchissimo di reperti archeologici romani; sono stati individuati più di 30 siti che hanno riportato alla luce resti di villae rusticae del periodo augusteo. Dopo la caduta dell’impero romano, il territorio di Montopoli passò nelle mani dell’Abbazia di Farfa intorno all’anno mille. Nel paese, che si trova in una bellissima posizione a dominio della valle del Tevere e del Farfa, si entra attraversando una porta rinascimentale, Porta Romana; attraverso la via principale si arriva alla Piazza del Comune, di forma triangolare, ingentilita da una fontana di forma ottagonale. Il Palazzo baronale che si erge nel borgo è opera degli Orsini, come pure agli Orsini si deve la costruzione del santuario Francescano di S. Maria degli Angeli (XVI-XVII sec.) che conserva le reliquie dei santi e martiri Domino e Merenziano. In Giugno lo spirito medievale del paese si risveglia nella rievocazione storica che vede gli stretti vicoli, dominati dalla torre Ugonesca, percorsi da donne e uomini in costume che sfilano e si sfidano nelle tipiche giostre. Poco prima di arrivare a Montopoli, a via di Case Nuove, si trova un curioso museo: il Modern Automata Museum. Allestito in un antico casale, il museo espone piccole sculture meccaniche realizzate in metallo, legno e carta che posso essere messe in movimento dai visitatori ( www.modernautomatamuseum.com).
Ritorniamo sulla sp48, che ci conduce dopo circa 2 km, a Poggio Mirteto. Il paese deve il nome alle sue caratteristiche ambientali; sorge, infatti, su un altura circondata dalla macchia mediterranea, tra le essenze primeggia il mirto. Il paese ha origine intorno al XIII sec., quando con il consenso dell’Abbazia di Farfa fu costruito un luogo fortificato. Il borgo ha mantenuto inalterato il suo fascino, cinto da mura al di fuori del quale si è sviluppato l’abitato, è accessibile dalla porta Farnese (XVI sec.) mirabile esempio d’architettura rinascimentale. Sulla piazza dalla particolare forma ellissoide si erge la Cattedrale dell’Assunta ( XVII - XVIII sec. ) al cui interno è conservata una pregevole croce usata nelle processioni, realizzata con grande maestria orafa. Da una grande scalinata svetta la chiesa di San Rocco ( XVI sec. ), volutamente costruita in asse con la porta Farnese. Ma la chiesa più antica di Poggio Mirteto è la chiesa di S. Paolo ( XIII sec.) facente parte del tessuto urbano originario è decorata con un ciclo d’affreschi del XIII sec., tra cui spicca un ragguardevole “Trionfo della Morte”. Da visitare il Museo Civico “Ercole Nardi” che espone reperti delle vicine aree archeologiche dei “Casoni” e dei “Bagni di Lucilla”. I “Casoni” (che in realtà sono nel territorio di Montopoli, ma più agevolmente raggiungibili dalla piazza di Poggio Mirteto) sono i resti di una villa rustica del II sec. a.C. appartenuta forse a Varrone; una grande condotta idraulica li collega ad un altro sito archeologico, in località San Valentino, in cui vi sono i resti di una struttura denominata “Bagni di Lucilla”. Il museo civico oltre ai reperti delle villae rusticae, conserva attrezzature, costumi e suppellettili che documentano la cultura e la tradizione poggiana, come quelli relativi al Carnevalone Poggiano, il carnevale che ormai da secoli si festeggia in febbraio con carri allegorici, sfilate in costume e l’accompagnamento musicale della Banda Comunale Garibaldina i cui componenti, in onore dell’Eroe dei due Mondi che qui sostò prima della battaglia di Mentana, indossano le gloriose camicie rosse.
Torniamo indietro sulla sp48 e proseguiamo in direzione Salisano vale la pena fare una piccola deviazione sulla sinistra ed andare a visitare la frazione di Castel San Pietro in cui è conservato un pregevole palazzo con sale riccamente affrescate. Torniamo di nuovo sulla sp48, dopo 1km circa, raggiungiamo la sp46 che ci conduce al bivio di Salisano, da cui prendiamo la sp46d che ci porta al paese. Posto a 406 m d’altitudine alle pendici del Monte Ode, Salisano ha le sue origini in un castello costruito nel X sec., su uno sperone a picco sul fosso di Rosciano. Restano, a testimonianza della primigenia struttura, due torri del circuito murario e gli edifici in Via degli Archi. Da Visitare i resti della Rocca Baldesca, fondata nel X sec., situati in una collina a sud dell’abitato. Del maniero rimangono il mastio a pianta ottagonale, tratti di mura e basi di torri; in epoca recente campagne di scavi hanno riportato alla luce resti di mosaici. Salisano, che deve forse il suo nome al fatto che sorgendo in alto poteva essere raggiunto solo da persone di buona salute, premia la fatica dei suoi visitatori con ottimi sapori, tra i quali i maccheroni a fezze, una sorta di spaghetti d’acqua e farina tirati a mano conditi con olio extravergine, pecorino ed aglio, e il pane fatto con farina di grano tenero, acqua e lievito naturale, rigorosamente cotto a legna.
Torniamo sulla sp46 e percorriamola sino ad incrociare, sulla destra, la strada sp46c che ci porta a Mompeo. Sorta forse sul territorio già occupato dalla villa di Gneo Pompeo, la storia di Mompeo è strettamente legata a quella della vicina Abbazia di Farfa, di cui fu pertinenza dal IX sec. Nel XII sec. inizia la lunga signoria degli Orsini, che regnarono nel feudo per circa cinque secoli; ma è nel XVII sec. che Mompeo raggiunge il suo massimo splendore, quando fu ceduto ai Marchesi Naro di Roma. Questi fecero grandi opere di ristrutturazione ed abbellimento del paese, trasformando l’antico Palazzo Orsini e dotandolo di giardini con fontane e viali alberati; ristrutturazione che interessò tutto il nucleo storico, con rifacimento delle strade, la costruzione della porta d’accesso al borgo e l’imponente colonnato antistante. Il palazzo deve essere assolutamente visitato; conserva diverse stanze affrescate (XVII sec.) di cui sei al piano nobile. Da visitare è anche la chiesa Parrocchiale della Natività di Maria Santissima; sorta su un’antica chiesa parrocchiale, già ristrutturata nel XVI sec. dagli Orsini, la chiesa attuale è opera di una completa riedificazione avvenuta nel XVII sec. su commissione di Bernardino Naro. In stile barocco, la chiesa ha l’abside dell’altare principale riccamente decorato da un ciclo d’affreschi attribuiti a Vincenzo Manenti; conserva un prezioso reliquario e diverse tele tra le quali ricordiamo quella della Madonna del Rosario di Pompei. Poco fuori dal centro abitato si trova la Chiesa di Sant’Egidio, d’epoca medievale, che conserva inalterata l’aula unica con nartece; le sue murature inglobano varie porzioni di pietre e lapidi d’edifici romani usati come materiali da costruzione. Notevoli per dimensioni e l’ottimo stato di conservazione, sono i numerosi resti di monumenti funerari a torre allineati lungo un percorso, non ancora ben definito, che doveva unire direttamente il territorio di Mompeo con la Salaria. In questa cittadina sabina ogni anno, in luglio, si svolge una importante manifestazione per gli amanti del cortometraggio: Il Festival del Corto in Sabina, durante la quale si proiettano, si discutono, si premiano i cortometraggi proposti da giovani autori e non solo. Gli amanti dell’olio e della cultura sabina non possono mancare ad un appuntamento importante che Mompeo riserva loro in dicembre: Andar Per Olio e per cultura, dove oltre a conoscere meglio la coltura-cultura dell’olio, si può degustare un prodotto realizzato con le cultivar classiche della Sabina ( Leccino, Moraiolo, Frantoio ) e specie autoctone.
Ritorniamo sulla sp46 e la percorriamo per circa 8km, fino a svoltare leggermente a destra sulla sp46b dopo 3km arriviamo a Montenero Sabino. Il nome lo deve forse alla fitta vegetazione scura di lecci che circonda l’abitato, o forse alla particolare varietà di pietra focaia di colore scuro che qui si è estratta fino all’ottocento per la costruzione d’acciarini o parti d’armi da fuoco. Le origini di Montenero risalgono al XI sec.; già menzionato nel Regestro Farfense nel 1023, appartenne ai Lavi, agli Orsini e poi fu acquistato dai Mattei. Del Castello originale rimane ben poco; è visibile parte del poderoso maschio inglobato nel palazzo quattrocentesco, che recenti restauri hanno modificato per ospitare le sedi distaccate delle università di Roma e di Berlino. Nella Chiesa parrocchiale di San Cataldo, la cui prima fabbrica è stata completamente cambiata dalle variazioni stilistiche operate nel XVIII sec., si possono ammirare gli stucchi e gli affreschi barocchi che decorano le pareti dell’unica navata. |
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